“Credo di soffrire d’ansia”, “Fatico a dormire di notte per l’ansia”, “Ho attacchi d’ansia che mi spaventano e non so cosa fare”,…
Il termine ANSIA viene usato sempre più spesso per indicare svariate situazioni, sensazioni differenti ed emozioni contrastanti. Le persone che ne soffrono descrivono l’ansia in modi diversi. L’ansia, effettivamente, può essere connotata da svariati sintomi di natura cognitiva, fisica e comportamentale. Quello che è importante sapere è che l’ansia è di per sé una risposta fisiologica efficace che aiuta l’organismo, nelle situazioni di pericolo o minaccia, ad attivarsi e a rispondere migliorando le proprie prestazioni. L’ansia può, però, diventare un limite e venir percepita come disturbante quando è eccessiva o sproporzionata rispetto allo stimolo. In questi casi, l’ansia diventa un disturbo vero e proprio.
Quando una persona si rivolge a me portandomi un vissuto d’ansia e narrandomi quanto questo le generi sofferenza, mi soffermo prima di tutto sul capire cosa intenda per ansia.
“Cosa senti nel corpo quando provi ansia?”
“Dove senti nel corpo questa ansia?”
Ogni persona risponde portando il proprio sentire, il proprio vissuto corporeo. Poi procediamo cercando di definire sempre meglio quest’ansia.
“Descrivimi che emozioni provi associate all’ansia. Come ti senti?”
E ancora “Gli attacchi d’ansia in cosa consistono? Prova a raccontarmene uno.”
“Quando ti senti in un momento carico d’ansia, come ti comporti?”
“Le persone che ti stanno intorno come reagiscono alla tua ansia?”
“Cosa sta succedendo in questo preciso momento della sua vita?”
“Chi è che più si preoccupa per la tua ansia?”
Procedendo con questo tipo di domande aiuto la persona ad avvicinarsi e a prendere contatto con il proprio vissuto d’ansia. Continuiamo con questo scambio fin quando abbiamo chiarito insieme cosa davvero la persona intenda per ansia o per crisi d’ansia.
Qualcuno anche solo narrando la propria ansia e trovando risposta alle mie domande riesce a connotare diversamente il proprio vissuto non sentendolo più come qualcosa di estraneo e minaccioso, ma integrandolo nel proprio modo di relazionarsi al mondo esterno.
Talvolta capita che, attraverso queste domande, si arrivi a percepire che forse non si tratta d’ansia, ma di altro. La persona riesce così a dare un nome diverso all’ansia e a definirne una nuova natura.
“In effetti provo tanta ansia quando mi sento preoccupata per qualcosa”
“Gli attacchi d’ansia emergono quando sono al culmine della tristezza e fatico a gestirla”
“Non la chiamerei più ansia, ma insicurezza. Sì, profonda insicurezza.”
Dare nuovo nome alle sensazioni d’ansia, capire che l’emozione sottostante è un’altra permette al percorso terapeutico di lavorare su quell’emozione per aiutare la persona a gestirla e a non sentirsene sopraffatta. Spesso l’ansia è la risposta migliore che la persona riesca a dare in determinate situazioni relazionali.
L’ansia e gli attacchi di panico sono disturbi reali e diffusi. Importante capire attraverso il percorso terapeutico se siano realmente tali o se si tratti di una risposta fisiologica ed emotiva che va riconosciuta e compresa.